[Articolo33] Newsletter 2 novembre 2021

newsletter articolo33 n.10 2021

Tintinnar di sciabole al CNR

Come altrimenti interpretare il tentativo del governo di calpestare quel poco di autonomia che il CNR e i suoi ricercatori erano riusciti a conquistare? Un Comitato di Saggi (Supervisory Board) di nomina governativa dovrebbe affiancare il presidente, esautorando CdA e Consiglio Scientifico, per quel che viene definito “piano di riorganizzazione e rilancio”.

Non è questo un vero e proprio tentativo di golpe ai danni dell’autonomia della ricerca e quindi della Costituzione repubblicana?

Partendo dal lato economico, un piano che si prefigura di rilanciare il CNR non può avere una dotazione di appena 50 milioni di euro in tre anni (poco più di 16 milioni l’anno) cui dal 2023 si aggiungerebbero ulteriori 20 milioni di euro l’anno.

Come ben noto, il contributo ordinario del CNR è largamente insufficiente anche solo a coprire completamente le spese correnti, cui la rete scientifica è costretta a sopperire con i propri fondi di ricerca.

Poco più di 30 milioni stanziati a partire dalla legge di bilancio 2019 non sono stati sufficienti a colmare il deficit e a riportare il bilancio dell’Ente ad una condizione di normalità, dopo che 10 anni fa sono stati sottratti al FOE del CNR circa 100 milioni di euro con Progetti Bandiera e Premiali che non sono mai stati reintegrati neanche al termine di queste sciagurate progettualità calate dall’alto.

Se, dunque, 30 milioni nel 2019 non sono bastati a coprire le spese correnti dell’Ente, ancor meno le esigue risorse previste dalla legge di bilancio giustificherebbero l’imposizione di un “Supervisory Board” che, sostituendosi a CdA e Consiglio Scientifico, dovrebbe scrivere il piano triennale di attività, lo statuto e i regolamenti in barba alla Carta Europea dei Ricercatori e all’autonomia degli Enti, che discende direttamente dalla Costituzione. Una tale norma, per altro, avendo la pretesa di sospendere la validità dello Statuto del CNR, sarebbe di dubbia legittimità e inevitabilmente porterebbe ad un conflitto fra legge e Statuto che paralizzerebbe l’Ente.

La presidente del CNR, per non apparire complice di un tale tentativo di golpe, deve immediatamente e pubblicamente dichiarare la sua netta contrarietà.

Un tentativo così arrogante da parte del potere governativo di controllare il maggior Ente di Ricerca è paragonabile in termini simbolici solo alla nomina nel 1937, da parte del regime fascista, del maresciallo Badoglio alla presidenza del CNR per succedere a personalità come Vito Volterra e Guglielmo Marconi.

Cosa si cela dietro quest’arroganza del Governo?

Si inserisce nella volontà di controllare i fondi per la ricerca contenuti nel PNRR attraverso suoi emissari diretti?

Visti i vari tentativi del passato e i segnali presenti nelle linee guida del PNRR, con la costituzione di 5 centri nazionali e del fondo per le Infrastrutture di Ricerca e le Infrastrutture tecnologiche di Innovazione, è legittimo ritenere che sia in atto un progetto di spacchettamento per creare un Ente strumentale assoggettato alle esigenze dell’Industria, che abbandonerebbe del tutto la ricerca di base.

A questo punto occorre un’iniziativa forte della comunità scientifica, interna al CNR innanzitutto, ma anche esterna, perché l’autonomia della ricerca è un patrimonio di tutta la comunità che non può esser svenduto, per altro in cambio di risorse del tutto insufficienti.

Il Parlamento non può restare indifferente di fronte all’arroganza del tentativo di golpe, eliminando dalla legge di bilancio ogni traccia del “supervisory board” e lasciando agli organi statutari – già peraltro largamente controllati dall’esterno del CNR - il compito di rilanciare l’Ente e riformarlo, eventualmente anche sulla base degli indirizzi che il Parlamento vorrà dare.

Ma senza ledere l’autonomia della ricerca, ovvero la Costituzione

Ultimo aggiornamento Martedì 02 Novembre 2021 00:16

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