Attuazione della delega Madia sugli Enti di ricerca: i prossimi passaggi.
Come noto la mobilitazione posta in essere proprio un anno fa dalle categorie di CGIL CISL e UIL ha contribuito alla previsione normativa di una delega specifica sulla Ricerca.
Si tratta ora di far sì che il decreto attuativo valorizzi le potenzialità contenute nella legge delega e cancelli gli orientamenti regressivi contenuti nella bozza prodotta dal MIUR circolata informalmente negli ultimi mesi.
In tal senso si stanno muovendo le nostre iniziative.
Dopo aver incontrato le rappresentanze politiche per discutere potenzialità e criticità di questo percorso legislativo, previsto per i prossimi giorni un incontro con i Presidenti degli Enti il giorno 11 luglio, al quale ne seguirà uno con il Ministro per la Semplificazione e per la Pubblica Amministrazione il 14 luglio.
Per fare un punto sullo stato del provvedimento e delle nostre iniziative a valle di questi due appuntamenti è convocata presso l'aula Magna del CNR il 14 luglio 2016 alle ore 14.30 un’assemblea generale del personale degli Enti di Ricerca. Come noto, entro l'estate il decreto dovrebbe essere approvato presso la presidenza del consiglio dei
ministri dunque è fondamentale tenere alta l'attenzione in questa fase delicata del percorso legislativo del provvedimento. In allegato il documento unitario relativo alla attuazione dell’art. 13 L. 124/2015 c.d. legge Madia, che costituisce la nostra base di lavoro nel confronto con le parti.
Invitiamo tutto il personale degli Enti di Ricerca alla massima partecipazione all'assemblea del 14 luglio alle ore 14.30 presso la sede centrale del CNR. Verrà convocata assemblea esterna per tutti i lavoratori degli Enti
Le Segreterie nazionali
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Attuazione della delega sugli enti di ricerca:
osservazioni e proposte.
In attesa dell’apertura di uno spazio di discussione formale in merito all’applicazione della delega ex art.13 della legge 124/2015 “Semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca”, proponiamo un commento alla bozza applicativa prodotta dal MIUR indicando gli elementi a nostro avviso principali per configurare un’utile applicazione della delega stessa.
La composizione di un quadro normativo armonico, per la valorizzazione degli Enti e del complesso delle attività istituzionali che li caratterizzano, è imprescindibile da altrettante necessarie azioni di valorizzazione di tutte le professionalità coinvolte. Ovvio il riferimento a ricercatori e tecnologi, senza però escludere i tecnici di laboratorio e il personale amministrativo che costituiscono una più che significativa parte del personale dipendente in servizio. Qualsiasi proposta che non tenga nella dovuta considerazione tali fattori inevitabilmente si tradurrà in un elemento di debolezza piuttosto che di rafforzamento del settore.
Il primo tema critico nella bozza circolata è quello che nel provvedimento di delega non sembrano essere centrali le peculiarità e l’autonomia del ricercatore nelle sue diverse articolazioni. Il nodo del ruolo della comunità scientifica interna agli enti di ricerca e il suo rapporto con gli organi di indirizzo scientifico e amministrativo in questa proposta è
tutt’altro che sciolto. Si conferma una visione fortemente burocratica e dirigistica per la quale i ricercatori e tecnologi continuano ad avere poco peso decisionale nei propri enti e persino l’autonomia dei ricercatori rispetto ai settori amministrativi continua ad essere ribaltata in subordinazione rispetto alla dirigenza amministrativa. Significativo che non si utilizzi questo provvedimento per chiarire che le figure professionali dei ricercatori e tecnologi hanno in sé natura dirigenziale benché ciò sia inteso in modo peculiare rispetto alle altre figure apicali previste dalla norma e che non c’è necessità di introdurre massivamente la dirigenza amministrativa anche nel settore della ricerca per governarne le strutture. Al contrario, si prevede la modifica dell'art. 19 comma 6 quater del dlgs 165/01 allargando (presumibilmente) l’eccezione che permette ai ricercatori e tecnologi di accedere temporaneamente ad incarichi di dirigente amministrativo.
Mettere mano all’autonomia decisionale degli enti aumentandone i margini è d’altro canto una misura necessaria ed esplicitamente prevista dalla delega, ma il dlgs 213/2009 è uno strumento troppo debole per dare coordinamento e omogeneità all’intero sistema della ricerca. Per altro si tratterebbe di un ambito di intervento normativo che eccede
interamente le previsioni dell’art. 13 della legge 124/2015.
Porre Ricercatori e Tecnologi in regime di diritto pubblico non è di per sé garanzia di costruzione di un più forte legame con la docenza universitaria, obiettivo peraltro ottenibile anche attraverso strumenti contrattuali se ce ne fosse la volontà e, la bozza di cui si discute, dimostra la validità di questa affermazione. L’introduzione dello stato giuridico infatti in questa proposta aumenta anziché diminuire le distanze tra i regimi ordinamentali di università e ricerca e non risolve alcuno dei problemi che già affliggono queste figure negli enti di ricerca. Si aggiunga poi la previsione di messa ad esaurimento del III livello professionale senza che a ciò venga connessa alcuna ipotesi di gestione del transitorio.
Non si tratta, sia chiaro, soltanto del destino dei “giovani” ricercatori, ma della tenuta dell’intero sistema che poggia sulla professionalità di questo personale esperto che già deve confrontarsi con il problema di avere all’attivo 15/20 anni di anomala permanenza nel proprio livello a causa dei blocchi della contrattazione e dei salari combinati al taglio delle risorse.
Per Ricercatori e Tecnologi la possibilità di carriera si riduce ad un 30% di riserva ai concorsi pubblici. Il gap tra i livelli retributivi dei ricercatori italiani al confronto con il resto d’Europa è già un elemento di grande fragilità per il nostro paese per evidenti motivi, non ultimo l’entità del rientro economico a seguito del finanziamento di progetti UE. Riteniamo che questo divario si aggraverebbe se gli avanzamenti economici di fascia fossero sostituiti da meccanismi “premiali” i quali, per come sono tracciati, profilano un ulteriore allontanamento dagli standard di autonomia previsti dalla carta europea del ricercatore e sanciti dalla nostra costituzione. Tra l’altro, l’istituzione del ruolo unico dei ricercatori e tecnologi non solo esula dalle competenze della delega ma lascerebbe un vuoto normativo rilevante rispetto ad un ordinamento da riscrivere le cui funzioni andrebbero per giunta riarticolate distribuendole non più su tre ma su due livelli.
In una condizione di stagnazione dovuta all’assenza di nuove risorse e tagli continui, gli effetti più immediati e allarmanti di quanto descritto finora, se la versione del decreto circolata divenisse operativa, riguarderebbero il precariato della Ricerca. In assenza di sanatorie, stabilizzazioni o almeno norme transitorie, che non sembrano essere nei programmi degli estensori del testo, tutto il precariato storico attualmente a tempo determinato, con assegno o collaborazione, tenterebbe di riversarsi in questo percorso esennale a tempo determinato che porta alla stabilizzazione alla nuova “seconda fascia”, per altro virtualmente in competizione con il personale del III livello posto ad esaurimento.
Il risultato prevedibile sarebbe simile a quello osservato negli atenei negli ultimi anni cioè espulsione di massa di personale prezioso di cui al contrario c’è assoluta necessità. Una parte di questi ricercatori e tecnologi (presumibilmente, anche di tecnici e amministrativi, atteso che rappresentano quasi metà dell’organico in servizio e sono fuori da qualsiasi previsione) inizierebbe un percorso dequalificante con contratti parasubordinati, in particolare a prestazioni d’opera, il cui utilizzo viene previsto senza alcun tipo di limitazione. Mentre sull’università si è aperto un dibattito intorno agli effetti negativi provocati finora dall’applicazione della 240/2010, in questo documento del Miur sembra si cerchi di riprodurre una sintesi proprio dei provvedimenti più disfunzionali contenuti in quella norma.
Riguardo al trattamento economico del personale di ricerca si prevede un meccanismo quantomeno discutibile, e in ogni caso fortemente penalizzante del trattamento di fine rapporto. Su TFR e TFS “ai fini della uniformità e della razionalizzazione” tutti gli Enti vengono ricondotti alla disciplina del DPR 1032/73, l’indennità di anzianità (più favorevole) viene sostituita dall’indennità di buonuscita, si introduce il prelievo in busta paga del 2,5% dello stipendio e le future liquidazioni saranno tutte a carico dell’Ente previdenziale.
La problematicità dei contenuti della bozza di decreto applicativo della delega sulla ricerca, rischiano di impantanare un provvedimento di cui la Ricerca ha invece bisogno. Vogliamo dunque ribadire quali devono essere in sintesi i temi che dovrebbero essere affrontati in applicazione dell’art.13 del dl 124/2015.
Roma, 6 luglio 2016