UIL RUA - ASSEMBLEA UIL RUA - ENTI DI RICERCA – ROMA, 16 NOVEMBRE 2016

Documento finale integrato
In una assemblea straordinariamente partecipata, svoltasi al CNR alla presenza del Segretario Generale Carmelo Barbagallo, la UIL RUA ha denunciato lo stato di emergenza degli EPR, il rischio di uscita dei precari, le enormi aspettative sul rinnovo del contratto.
Le politiche di tagli di finanziamento e blocco delle assunzioni hanno portato le nostre Istituzioni di Ricerca al limite della sopravvivenza, con evidenti riflessi negativi sulle potenzialità di innovazione e di sviluppo sociale ed economico di tutto il Paese.
I Governi finora succedutisi hanno imposto disinvestimenti e riforme a costo zero, in ossequio alla necessità di far quadrare i conti pubblici. Taglio dei finanziamenti per gli EPR, blocco del turn over, blocco delle carriere, blocco della contrattazioni e precarizzazione del personale sono state le ricette dell’austerity. La situazione attuale degli EPR mostra come questo approccio meramente ragionieristico sia miope e abbia finora sottovalutato quanto la ricerca pubblica sia centrale per il futuro del Paese.
In particolare, abbiamo finora assistito ad un progressivo logoramento della ricerca pubblica ed ad un parallelo finanziamento del privato.
Da un lato, la riduzione costante del personale degli EPR (e della P.A. nel suo complesso) è stata giustificata con la necessità di operare "risparmi" per i conti pubblici, con effetti negativi sulla operatività delle Istituzioni, sullo sviluppo professionale e sugli stessi livelli occupazionali; peraltro, il costo del pubblico impiego in generale non è diminuito anzi continua ad aumentare.
Dall’altro, sta ulteriormente crescendo il livello di finanziamento pubblico, diretto e indiretto, della ricerca privata e dell’innovazione, attraverso misure di sgravio fiscale e incentivi alle imprese, fino alle misure di super ammortamento previsto negli interventi per Industria 4.0; purtroppo ciò avviene senza che si riescano ancora a misurare le effettive ricadute di questo processo soprattutto in termini di competitività tecnologica e di qualificata occupazione delle risorse umane formate nelle istituzioni scientifiche.
A ciò si aggiunge la destinazione di risorse crescenti in favore di soggetti come l’Human Technopole e l’I.I.T. Tutti interventi che hanno drenato risorse da un sistema pubblico della ricerca in favore di un sistema che ancora non esiste, il cui destino è però agevolato da forti investimenti e minori vincoli.
Le stesse statistiche internazionali indicano come le agevolazioni in favore delle imprese non abbiano finora determinato consistenti risultati sul piano dell’innovazione del prodotto e dei processi.
Va certamente riconosciuto come su tutto questo abbia pesato una crisi prolungata, soprattutto del nostro comparto manifatturiero e di un sistema imprenditoriale costituito prevalentemente da piccole/medie imprese. Ma tale situazione non può essere una giustificazione valida di fronte ad una perdita complessiva di risorse pubbliche e soprattutto all’assenza di una seria valutazione sulla redditività degli investimenti effettuati nel sistema privato. Soprattutto, non è pensabile che si possano ripetere gli stessi errori di valutazione all’infinito, a meno che l’obiettivo sia proprio quello di smantellare il pubblico, in maniera ideologica e a dispetto della realtà dei fatti. Piuttosto, per i poteri pubblici diventa prioritario
farsi carico di meccanismi e strumenti che consentano di raccordare più di quanto avviene oggi, mettendole in sinergia, le tre reti di ricerca (università, enti ed imprese), in modo tale da creare opportunità di crescita anche per il sistema pubblico assieme ad una maggiore capacità del Paese di sfruttare ed assorbire le risorse (in particolare europee) mosse nella direzione di Ricerca & Innovazione.
Resta fermo che minare il protagonismo ed il ruolo del sistema scientifico pubblico significherebbe di fatto impedire il salto tecnologico che il Paese deve compiere per la sua modernizzazione, per la sua competitività e nuova produttività.
Riteniamo quindi urgente un cambiamento radicale delle politiche in tema di ricerca. Il sistema degli EPR va sostenuto con misure di finanziamento e con la valorizzazione delle risorse umane. La riforma Madia degli EPR non offre risposte adeguate a questa esigenza, ponendo ancora limiti alle assunzioni e negando di fatto ai precari ogni prospettiva.
Sembra del tutto improprio utilizzare il concetto di merito per impedire la stabilizzazione di precari ormai storici, che hanno già superato uno o più concorsi pubblici. Di fronte ad una situazione sempre più insostenibile, creata a causa del reiterato blocco delle assunzioni e all’utilizzo dei contratti atipici, di merito si può parlare solo come criterio "aggiuntivo", da applicare nei concorsi pubblici nazionali, mentre ai precari va riconosciuto finalmente con la stabilizzazione il loro contributo pluriennale alle attività ed alla stessa tenuta funzionale degli EPR.
Bisogna innanzi tutto uscire dalla logica di riduzione progressiva del personale di ricerca e tecnico amministrativo, stabilendo nuove autonomie nei processi di reclutamento ordinario e ove si mantenga il sistema del turn over, esso deve essere aggiuntivo e tornare al 100%.
Questa appare la condizione minima per evitare una progressiva ed intollerabile contrazione di addetti.
A ciò si aggiunge che la condizione di precarietà occupazionale di tanti addetti non è più oltremodo sostenibile. Tale personale contribuisce da anni al funzionamento degli Enti, ha maturato competenze rilevanti e presiede attività fondamentali nella ricerca e nella gestione degli EPR. Per questo personale precario deve essere avviato un processo di stabilizzazione occupazionale, specifico e aggiuntivo al reclutamento ordinario, in analogia con quanto avvenuto per la Scuola e per gli Enti locali.
Senza opportune misure c’è il rischio concreto di procedere al licenziamento di questo personale, visti i nuovi limiti di legge, imposti in tema di concorsi e rinnovi dei contratti a tempo determinato.
Ancora, i percorsi professionali e di carriera non possono restare bloccati. E’ impensabile mettere ancora in contrapposizione le assunzioni con lo sviluppo di carriera, in una logica che nel lungo periodo rischia di minare la stessa tenuta interna degli Enti e di contrapporre interessi ed aspettative legittime. La negazione delle prospettive di crescita professionale è semplicemente un "non senso" da rimuovere, frutto di una falsa logica di risparmio ai danni del personale e delle stesse Istituzioni e oltretutto modello ben lontano dalle retribuzioni percepite da colleghi di pari attività in quella Europa così spesso portata ad esempio!
E’ necessario e urgente rendere di nuovo attrattiva la ricerca per i giovani ed evitare la perdita di lavoro da parte dei precari. Da troppo tempo si parla di fuga dei cervelli, a volte con falsa retorica e senza andare al nocciolo della questione: ovvero, è impensabile evitare l’emigrazione di elevate competenze senza assicurare sbocchi occupazionali, certezza di retribuzione per i precari e adeguate prospettive professionali.
Senza un buona politica della ricerca perderemo ricercatori su cui si sono fatti notevoli investimenti formativi e professionali, a tutto vantaggio di altri Paesi. Anche per queste ragioni è necessario tornare ad assumere negli EPR e stabilizzare il precariato.
In questo quadro va ripensato lo stesso ruolo svolto dai vertici degli EPR.
Abbiamo bisogno di Presidenti che esercitino il loro incarico a tempo pieno nella gestione dell’Ente e nelle stesse relazioni sindacali.
Le Presidenze degli EPR non sono prestigiosi incarichi di rappresentanza, né tantomeno strumento di promozione individuale o autoreferenziale: sono invece organismi chiamati ad operare con autonomia anche per il rilancio degli Enti e se necessario per tutelarli, attraverso una capacità di proposta in grado di coinvolgere il personale. L’esercizio dei poteri all’interno degli Enti deve poter tornare ad individuare nel confronto e nella proposta delle rappresentanze sindacali - oltre che in un corretto ed efficiente sistema di relazioni sindacali - gli strumenti essenziali per la crescita delle risorse umane e delle strutture scientifiche, gestionali ed organizzative.
Troppo poco si è fatto per impedire il costante depotenziamento degli EPR, e i vertici sono apparsi spesso deboli e subalterni di fronte al Governo di turno, non determinati ad aprire un confronto vero sulla condizione degli Enti e del personale.
Anche su questo va fatta una riflessione, riconoscendo che il sistema delle nomine non funziona per gli EPR, ma non funziona neanche per un sistema politico che voglia seriamente occuparsi delle esigenze della ricerca. Le nomine devono garantire competenze e capacità, non solo fedeltà assoluta: la politica dovrebbe essere capace di valorizzare e capire anche qualche no!.
Il sistema ricerca ha estremo bisogno di vertici e Presidenti che abbiano la volontà, l’orgoglio e la capacità di far sentire la voce propria e della comunità scientifica, per valorizzare le istituzioni da essi rappresentate in termini di ruolo, autonomia e funzione per la crescita complessiva del Paese, senza nulla concedere in termini di “sudditanza” ai poteri politici ed ai governi di turno perché anche ciò ha contribuito allo stato di crisi degli EPR.
Per la UIL RUA è quindi necessario ridefinire il sistema delle nomine dei vertici, prevedendo una partecipazione del personale e assicurando personalità capaci di esprimere realmente competenze sul piano scientifico e gestionale.
Va posto un limite all’ingerenza politica nelle nomine di qualunque ordine e grado e alle tendenze di deresponsabilizzazione dei vertici, che nella vita degli EPR oggi arrivano fino a forme intollerabili di delega ed esternalizzazioni di funzioni proprie.
A tal riguardo si ritiene opportuno ribadire anche la necessità di modificare lo schema di D. Lgs.vo per la riforma della dirigenza pubblica, norma che appare palesemente in violazione - per eccesso - della delega da cui origina. Con tale decreto il sistema dirigenziale pubblico sarebbe infatti minato da una norma inaccettabile, con forti profili di incostituzionalità, pesanti elementi di criticità, vulnus economici e numerosi problemi di efficacia collegati all’insicurezza del mandato e alla minore autonomia.
Reclutamento prima straordinario dei precari e poi a regime, turn over aggiuntivo al 100% delle uscite sono gli strumenti per consentire un incremento della massa critica oggi sottodimensionata; il rapporto risorse economiche/costi del personale deve considerare tutti i fondi ordinari e straordinari che costituiscono il bilancio degli enti; stabilizzazione dei precari e percorsi di carriera: su questi temi la UIL RUA chiede che vi siano norme specifiche in finanziaria e risorse adeguate. Sono queste le condizioni irrinunciabili per aprire a nuovi meccanismi di reclutamento, che non devono però ricalcare le orme delle recenti e negative esperienze del sistema universitario.
Per la ricerca non sono più sostenibili misure spot e interventi a fondo perduto senza controllo sulle ricadute. Serve una programmazione pluriennale e un piano per la valorizzazione delle risorse umane degli EPR. Bisogna soprattutto operare un riequilibrio degli investimenti in ricerca pubblica e tornare a riconoscerne le potenzialità per lo sviluppo del Paese.
Nel dettaglio, la UIL RUA ritiene indispensabile:
1. procedere ad un piano di stabilizzazione dei precari a tempo determinato in servizio negli EPR, da attuarsi entro un triennio. A tal fine, la programmazione delle stabilizzazioni del personale a tempo determinato va definita attraverso una graduatoria in base all’anzianità di servizio e un giudizio di idoneità in base all’attività di lavoro maturata;
2. assicurare la proroga dei contratti del personale a tempo determinato fino al completamento del processo di stabilizzazione;
3. assicurare il turn over al 100% per personale ricercatore/tecnologo e tecnico/amministrativo, consentendo di avviare nuovi concorsi e mantenere il livello di addetti del settore;
4. assicurare agli enti risorse ordinarie ripristinando i tagli avvenuti negli ultimi 10 anni, garantendo che adempimenti ordinari come il rinnovo contrattuale siano accompagnati da coerenti incrementi dei fondi;
5. prevedere per tutti gli enti, vigilati e non vigilati dal MIUR, una vera e diversa governance della ricerca che assicuri condivisione di processi e pari garanzie di accesso alle risorse per la ricerca di base, finalizzata ed applicata;
6. rendere cogenti ed effettivamente praticate le direttive della Carta Europea dei ricercatori soprattutto nella piena partecipazione di Ricercatori e Tecnologi agli organismi;
7. consentire una vera autonomia e piena responsabilità nell'organizzazione degli enti, nel reclutamento del personale, nell'utilizzo delle risorse umane ed economiche, nel presupposto di una vera semplificazione che avvicini il nostro Paese ai livelli tecnologici di una Europa che avanza a passi di gigante.