UIL RUA - DDL “NORME IN MATERIA DI RECLUTAMENTO, DOTTORATO DI RICERCA E PERSONALE DELLE UNIVERSITA’ E DEGLI ENTI PUBBLICI DI RICERCA”

LA FEDERAZIONE UIL-SCUOLA-RUA SUL DDL
“NORME IN MATERIA DI RECLUTAMENTO, DOTTORATO DI RICERCA E
PERSONALE DELLE UNIVERSITA’ E DEGLI ENTI PUBBLICI DI RICERCA”

La Federazione UIL-SCUOLA RUA, fin dalla emanazione della 240/2010 ha manifestato la necessità di una correzione profonda di un provvedimento che in particolare su 4 aspetti fondamentali non ha saputo rispondere alle aspettative generate a distanza di 30 anni dagli interventi di riforma degli anni ’80:

  1. individuare un corretto equilibrio tra “autonomia delle sedi” e “regole comuni” evitando, da un lato, la concentrazione nei poteri accademici in una pressoché totale discrezionalità gestionale - concessa peraltro senza il necessario corrispettivo di programmi e di risorse nazionali - e favorendo, dall’altro, la crescita complessiva degli atenei su tutto il territorio nazionale ed in particolare nei contesti più bisognosi di sviluppo e non solo nei cosiddetti “poli di eccellenza”;
  2. operare una revisione profonda dei meccanismi della valutazione e degli stessi ordinamenti didattici per adeguarli all’affidamento al sistema della cosiddetta 3a e 4a missione e per rispondere con un’adeguata offerta formativa alla domanda innovativa emersa dai contesti economico-sociali;
  3. potenziare con risorse adeguate e modalità di intervento gli strumenti del diritto allo studio;
  4. intervenire in profondità sul tema prioritario della valorizzazione delle risorse umane operanti negli atenei (docenza e personale tecnico-amministrativo) favorendo, in particolare, il necessario sviluppo e il ricambio quali-quantitativo del personale docente, dando logica continuità e coerente sbocco alla scelta fondamentale introdotta dal D.P.R. 382/80, e cioè quella della creazione del ruolo del ricercatore universitario, quale figura fondamentale nell’attività didattica e di ricerca.

A molta distanza - anche di fronte a processi che nel tempo hanno visto una crescente condizione di difficoltà complessiva degli atenei del nostro Paese - il legislatore, anche sulla spinta delle rappresentanze sociali e della comunità scientifica, ha inteso riprendere il discorso della “riforma” partendo proprio da quest’ultimo punto individuando però indirizzi e soluzioni che vanno nella direzione di una maggiore precarizzazione complessiva.

Tale “rivisitazione” della 240/2010, almeno nella impostazione che emerge dall’iniziativa parlamentare del Disegno di Legge a relatore Melicchio, non ha risolto e in molti casi ha addirittura accentuato tutta una serie di problemi che aveva inteso affrontare, come l’eccesso e la disarticolazione nelle modalità di ingresso (reclutamento), lo sviluppo abnorme del precariato (in forme contrattuali-retributive a basso costo e pochi diritti, in particolare per quanto riguarda l’assegno di ricerca), la dilatazione, ad libitum, dei tempi di ingresso alla carriera docente e, conseguentemente, la limitatissima quota di ricercatori che raggiungono una condizione di stabilità (propedeutica, a sua volta, alla conferma come professore associato).

Inoltre, l’iniziativa parlamentare è andata trasformandosi in iniziativa governativa, approdando attraverso una serie di cambiamenti del testo a una impostazione che va a nostro avviso in direzione opposta a quella auspicata, mancando anche tutta una serie di questioni ritenute ineludibili dal mondo universitario e della ricerca e che inizialmente avevano trovato spazio nel testo di legge. Il risultato finale è che l’attuale impianto non corrisponde più alle aspettative che lo avevano accompagnato all’inizio del suo iter.

Siamo giunti dunque a un provvedimento che scontenta tutti e che in linea di principio sarà invece appoggiato da tutte le forze politiche che compongono la maggioranza, impegnando il Parlamento su un testo bisognoso di essere profondamente emendato e che invece, come auspicato dalla Ministra, tra pochi giorni sarà licenziato dalla Camera dei Deputati ed inizierà il suo percorso al Senato con un iter accelerato che ci preoccupa profondamente.

L’auspicio e l’impegno della UIL-RUA è, innanzitutto, che il provvedimento in questione esca migliorato e rafforzato nella sua scelta fondamentale - quella della eliminazione della figura del ricercatore di tipo a, ma soprattutto che il Parlamento sappia riconsiderare in profondità il “modello” proposto (figura unica di ricercatore di 7 anni di durata che si aggiungerebbero ai 4 dell’assegno e a quelli del dottorato) perché, innanzitutto, incoerente con l’assunto della riduzione dei tempi e del precariato.

Questo provvedimento non può comunque considerarsi esaustivo nella risoluzione di una serie di problematiche che intendiamo qui richiamare e che riteniamo ormai ineludibili.

La UIL-RUA propone al riguardo:

  1. l’avvio di una riflessione che porti all’istituzione di un’unica figura docente di professore universitario con una procedura transitoria che valorizzi il ruolo docente degli attuali ricercatori a tempo indeterminato equiparandoli in alcuni aspetti, come ad esempio l’età della pensione, alle altre fasce della docenza: una tale riforma costituisce per noi un obiettivo da perseguire con impegno costante;
  2. un intervento sul pre-ruolo e sul reclutamento basato sulla drastica riduzione delle figure, con garanzia di contenimento nella durata, che tenga anche conto che sia i bandi Europei che quelli nazionali prevedono finanziamenti per ruoli a tempo determinato e inoltre sul superamento dell’attuale assegno di ricerca che nella formulazione contenuta nel disegno di legge esaspererebbe la condizione precaria;
  3. una soluzione pre-ruolo che sia di riferimento anche per gli Enti Pubblici di Ricerca, similare nel percorso, seppur con la necessaria “biforcazione” (ad un certo punto dello stesso) per le ovvie diversità esistenti tra norme legislative e norme contrattuali (in particolare sui meccanismi che governano trattamenti, selezione, valutazione e scelte delle singole
    istituzioni);
  4. una vera riforma che modifichi la proposizione di una figura del ricercatore dotato di totale autonomia e libertà di ricerca ma al quale corrisponde, assurdamente, una condizione precaria e senza sbocchi, peraltro operante al di fuori della prassi dei gruppi e delle collaborazioni proprie della moderna attività di ricerca; una riforma che respinga mobilità forzate ed incentivi piuttosto meccanismi di collaborazione e continuità nell’attività e nello sviluppo delle competenze del ricercatore;
  5. la previsione di interventi (anche successivi e di delega al MUR) indirizzati ad una revisione profonda dei meccanismi di valutazione (ANVUR) e dei criteri e regole riguardanti l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), con particolare riguardo alla questione del “fattore di proprietà” delle pubblicazioni;
  6. un’attenta ricognizione dei regolamenti didattici degli atenei, da inquadrare in una cornice nazionale unitaria, evitando che siano totalmente demandati all’autonomia dei singoli atenei, con particolare attenzione alle modalità di espletamento dell’attività didattica dei ricercatori e alla loro retribuzione prevista per legge.
  7. un intervento su:
    a) la scarsità di risorse che vanificherebbe la programmazione di piani assunzionali adeguati (tanto negli Atenei come negli stessi EPR);
    b) le norme transitorie per non disperdere il patrimonio di lavoro, attività, competenze fin qui accumulato dal personale ricercatore precario e di ruolo;
    c) un maggiore e più approfondito collegamento delle norme di valorizzazione dei dottorati di ricerca (condivise dalla UIL-RUA) attraverso un più rigorosa indicazione di meccanismi di vera valorizzazione occupazionale tanto nei settori pubblici come in quelli più direttamente produttivi (dottorati di ricerca a carattere industriale) coinvolgendo in questa direzione anche gli Enti Pubblici di Ricerca.

 

La Segreteria Nazionale