UIL PA - L'accessorio di Brunetta stanga stipendi e pensioni

Non basterà essere bravi, i più bravi per impegno e risultati raggiunti. Anche chi sarà collocato nella fascia più alta di merito, infatti, e salverà il suo salario accessorio dalla mannaia del ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, rischia in futuro di perderci rispetto all'attuale trattamento: la quota variabile potrebbe non rientrare più nella base pensionabile e dunque penalizzare assegno pensionistico e liquidazione.

È, questo, uno degli effetti collaterali della riforma introdotta con il decreto attuativo della legge n. 15/2009. Si tratta del dpr n. 150, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 31 ottobre scorso e che sarà efficace dal prossimo 15 novembre. Un decreto che ridisegna l'intero rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, dai comparti di contrattazione alle assenze per malattia. E che sul fronte del cosiddetto salario accessorio innesca un cambio di marcia per tutti i futuri contratti integrativi.

I più direttamente coinvolti sono i dipendenti di enti di ricerca, enti previdenziali, agenzie fiscali: sono i travet del parastato a cui certamente la riforma si applica e che hanno l'accessorio più alto. Ma sotto la voce accessorio ci sono indennità che sono fisse e per niente variabili, concepite a livello contrattuale per pagare la specificità di settore. Il caso classico è quello della ricerca, dove, per esempio, un istituto come l'Isfol ha, nelle fasce alte, indennità di comparto e di istituto per circa 8 mila euro l'anno. Chi rientrerà nella fascia del 25% dei bravi, a cui va il 50% del fondo, manterrà i suoi 500 euro mensili ma verrebbe a perdere sui 200 euro al mese di pensione e tra i 15 e i 18 mila euro di liquidazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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